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Cinema d’animazione (anche) per adulti

Il 2001 a mio avviso è stato l’anno in cui nell’opinione pubblica italiana l’idea del cinema d’animazione in quanto “cosa da bambini” ha cominciato a vacillare. In particolare l’evolversi della computer grafica (CGI) ha creato una cesura con la tradizione disneyana: infatti la resa visiva della CGI, completamente differente dal disegno animato, ha permesso di esplorare stili narrativi nuovi rompendo con gli schemi classici. Certo, è qualcosa che si sarebbe potuto fare molto prima anche con i disegni animati, ma la CGI essendo qualcosa di “nuovo” ha cercato di ritagliarsi spazi altrattanto nuovi.

Nel 2001, dicevo, irrompe nelle sale Shrek ed è un successo: un film d’animazione in CGI che piace ai bambini ma non annoia gli adulti, anzi! Forse gli adulti riescono a divertirsi anche più dei piccoli cogliendo tutte le sfumature delle citazioni e delle ironie presenti nel film. La DreamWorks ha messo dunque sul mercato un prodotto d’animazione adatto ai più grandi, che esplicitamente parodizza tutte le fiabe classiche a cui la Disney ci aveva abituati . E’ arrivata la svolta anche nel mercato di massa.

Nel 2003, poi, questo cambiamento è sancito da un evento preciso. Questa volta da Oriente, dalla terra del sol levante che produce film d’animazione per adulti da decenni senza che il mercato italiano se ne sia mai interessato più di tanto, arriva Sen to Chihiro no kamikakushi (La città incantata). Vince il premio Oscar e allora, approvata dal mondo Occidentale, anche il nostro paese gli accorda attenzione. Per la prima volta un film dello Studio Ghibli è proiettato in tantissime sale italiane e viene ben pubblicizzato.
La città incantanta non è un film esclusivamente per adulti, anzi, è pensato per un pubblico dai 10 anni in su. Appunto. Tantissimi genitori, forti della loro concezione di “cartone animato” portano i propri bambini piccolissimi al cinema… e ne rimangono scandalizzati. I bambini di 3 o 5 anni si spaventano e piangono, i genitori trovano il film diseducativo.

E’ uno smacco al cinema d’animazione giapponese? E’ un ricadere nel luogo comune che i prodotti giapponesi sono tutti violenti e drammatici? Forse. Forse quei genitori scioccati non faranno mai più vedere un film di Miyazaki ai loro bambini (e non sanno cosa si perdono). Ma per fortuna, fra tante persone, c’è stato chi ha saputo apprezzare. Chi ha capito che i cartoni animati possono essere altro da quelli della tradizione disneyana. Chi ha capito che il cinema d’animazione è solo un mezzo, un linguaggio. Può comunicare qualcosa ai grandi,  ai piccoli, ai medi, proprio come esistono film con attori in carne ed ossa per grandi, piccoli e medi. Il disegno animato è stato per decenni stigmatizzato e ridotto a “roba per bambini” nel nostro paese. E c’è voluta la CGI, e c’è voluta l’assegnazione di un premio Oscar a una pellicola giapponese perché un po’ più di persone qui si rendessero conto che non è così.

La tecnica utilizzata, che sia la CGI, il disegno animato o la stop motion, MEDIA un messaggio, E’ UN MEZZO DI ESPRESSIONE di qualcosa e non costituisce un genere di per sé. Adesso, per fortuna, anche in Italia tante persone lo hanno capito.

15 ottobre 2009 at 11:21 PM

C’era una volta (parte 1)

screenshot animazionetC’era una volta un sito che parlava di cinema d’animazione e si chiamava Animazionet. Comparve sulla scena italiana quando il cinema d’animazione nell’immaginario italiano era legato quasi esclusivamente alla Disney e considerato quindi per bambini. Fra tutti i lungometraggi giapponesi la maggior parte delle persone conosceva a malapena Akira, Ghost in the shell e Nausicaa. I giapponesi erano conosciuti nel nostro paese per le serie animate che passavano in tv, ma non per i lungometraggi.
Così Animazionet si proponeva di spiegare al grande pubblico come i film d’animazione potessero piacere ANCHE agli adulti. E come alcuni di essi, anzi, fossero stati pensati PROPRIO per gli adulti.

Era un sito che voleva offrire più qualità che quantità. Ogni film aveva:

  • una scheda piena di informazioni (compresi doppiatori originali e nostrani)
  • la trama
  • una recensione del film
  • una recensione della colonna sonora
  • una recensione  sulla tecnica d’animazione
  • notizie di tutti i tipi che lo riguardassero (budget, distribuzione, curiosità)
  • una scheda con voti dettagliati su ogni aspetto del film (trama, disegni, intrattenimento, colonna sonora, tecnica, animazione, ecc.)
  • una pagina di approfondimento che rimandava a link esterni dove si trovavano spiegazioni e descrizioni dei temi affrontati nel corso del film (ma potevano anche essere approfondimenti su certi oggetti, certi rituali, artisti a cui si era ispirato il regista, ecc.).

14 ottobre 2009 at 9:18 PM


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